L'episodio
della nostra storia che narriamo stasera è apocrifo, nessuno è infatti
disposto a giurare che sia vero. Abbiamo deciso anche di dare al capitolo lo
stesso numero del precedente affinché si confonda con esso o con quello
successivo, perché sia possibile anche escluderlo, eliminarlo, senza che nella
nostra storia cambi niente né ci sia alcuno che lo possa rimpiangere.
La
forma della narrazione è sintetica e principalmente omissiva, cosa per noi
assolutamente inusuale, abituati come siamo a disperdere i nostri giorni e le
nostre vite in pensieri lunghi e probabilmente anche abbastanza noiosi. Lo stile
è questo perché anche gli accadimenti, se mai accaddero, furono caratterizzati
da una bruciante tempestosità che travolse gli animi di chi li visse, oppure
che credette di farlo.
E
quindi oggi, 16 aprile 1994, adesso che le birre sono già arrivate, non ci
resta che augurarvi ed augurarci buon ascolto.
Aveva
una "500" bianca semi
decappottabile.
Da
giovane.
Era
nato a Rio Marina.
Si
chiamava Nicola Luporini.
Ebbe
molti amici.
Anche
amori.
Visse
a lungo nei luoghi della sua memoria.
Poi
lentamente iniziò a distrarsi.
Finché
un giorno se ne andò.
Lontano
da ogni nostro ricordo.
Oh,
per ritornare, anche, ritornò.
Solo
che era diverso.
I
capelli d'un altro colore.
Solo
il nome lo stesso.
Diceva
che aveva conosciuto il mondo.
O
perlomeno molte delle sue sfumature.
Nessuno
gli credette.
E
neanche finse di farlo.
Si
inventò di aver trascorso un'infanzia con noi.
Su
due piedi.
Forse
era vero.
Chissà,
è passato tanto tempo.
Disse
che eravamo suoi amici.
Ci
mettemmo a ridere.
Era
davvero troppo grossa.
Ma
sapeva giocare a biliardo, boccette e stecca.
Ci
piacque subito.
Sosteneva
poi di avere una figlia.
Anche
un figlio, addirittura.
Qui.
Nessuno
di loro lo riconobbe.
Non
avrebbero peraltro potuto farlo.
Non
c'erano.
Oramai
da tanto tempo.
E
così arrivò ancora un'altra volta l'estate.
Non
se ne poteva fare a meno.
Arrivava
da sola.
Ma
in fondo era divertente.
Intanto
lui continuava, imperterrito.
Sosteneva
fermamente di conoscerci.
Alla
fine ci convinse.
Ci
prese per stanchezza.
Così
credemmo di averlo davvero amato.
Costruimmo
per lui appositi ricordi.
Infanzie
sotto i pini a scuola.
E
anche tutto il resto.
Alle
volte ci confondevamo e ci mettevamo a ridere.
Allora
anche lui rideva.
E
intanto arrivava l'autunno.
Con
i fichi.
E
le castagne.
L'aria
che inizia ad odorare di fumo.
Più
difficile fu ricostruirgli una famiglia.
Sosteneva
di avere avuto una moglie.
Addirittura
più di una.
Si
intestardiva.
Finimmo
anche stavolta col credergli.
Solo
che non si ricordava bene i nomi.
Cercammo
di aiutarlo.
Gli
presentammo un'infinità di donne.
Non
ne riconobbe alcuna.
Era
deprimente.
Fu
così che decidemmo di inventargliela.
Convenne
anche lui che non c'era altro modo.
Per
fortuna aveva gusti precisi.
Allora
la pensammo bionda.
E
già che c'eravamo anche bella.
Da
quel giorno fu più tranquillo.
Usciva
con lei quasi tutte le sere.
Le
comprava regali.
Cercava
di non farcela frequentare.
Era
geloso.
Ci
raccontava dei suoi bellissimi occhi.
Della
sua pelle levigata.
Fu
così che anche per noi lei divenne reale.
La
chiamammo Maria.
Fu
il primo nome a venirci in mente.
Le
scrivevamo lettere.
Lei
rispondeva.
Così
passò anche l'inverno.
E
molti altri ancora.
Non
potevamo più fare a meno di lui.
Si
ricordava persino dei voti che prendevamo a scuola.
Su
una sola cosa era sempre enormemente vago.
Sui
nostri nomi.
Proprio
non se li voleva ricordare.
Ma
noi insistevamo.
Finché
un giorno ce la facemmo.
Gli
tornarono tutti in mente.
All'improvviso.
Restammo
stupiti.
Anche
perché non erano quelli che credevamo.
Bizzarro.
Non
eravamo abituati ai nostri nuovi nomi.
Ma
senz'altro aveva ragione lui.
Ci
eravamo sbagliati da un vita.
E
così non ci restò altro che adeguarci.
I
nostri parenti ci misero qualche tempo.
Ma
poi impararono perfettamente.
Alcuni
continuarono a confondersi un po'.
Ma
poco importa.
Sì,
solo lui non sbagliava mai.
Era
consolante pensare che si ricordava così bene di noi.
In
tutte le stagioni.
Anche
con la primavera in arrivo.
Ciondolante
d'aria calda e di pollini blu.
Finché
un giorno ci decidemmo.
Dovevamo
farlo.
Prima
o poi.
Non
era più possibile attendere.
Glielo
chiedemmo così, quasi per scherzo.
Volevamo
sapere.
Se
per caso, ai suoi occhi, non risultasse qualche altro errore.
Nelle
nostre vite.
Allora
fece lo gnorri.
Si
schernì.
Tentò
improbabili giustificazioni.
Ci
invitò al banco del bar.
Disse
che ognuno si sceglie i propri destini.
Ma
noi insistemmo.
Ci
doveva essere per forza una trama.
E
solo lui la poteva conoscere.
Forse
gli facemmo pietà.
E
così un giorno, finalmente, si arrese.
Ed
iniziò ad elencare.
Chi
aveva sbagliato moglie.
Certo
in buona fede.
Chi
l'acquisto di una barca.
Magari
anche solo il colore.
Chi
il lavoro e chi l'educazione dei figli.
Fu
molto dettagliato.
Preciso
e metodico.
Ci
aiutò molto.
Da
quel giorno niente fu più lo stesso.
Avevamo
tutti sbagliato.
D'accordo.
Ma
si può sempre rimediare.
Cercammo
di farlo.
E
in fretta.
O
non ci sarebbe bastato il tempo.
Seguimmo
accuratamente le sue indicazioni.
Ci
trovammo bene.
Non
c'era verso di sbagliarsi.
E
così ricostruimmo le nostre vite.
Come
dovevano essere.
Ci
eravamo in fondo solo distratti.
La
colpa è dell'aria di mare, certo.
A
volte impedisce la necessaria concentrazione.
Erano
solo in fondo ricordi sbagliati.
Matrimoni.
Figli.
Carriere.
Reti
da pesca.
Amori.
Idee.
Ideologie
Automobili.
Croci
sulle schede elettorali.
Minuzie.
Particolari.
Facilmente
correggibili.
Via
via ci confrontavamo con lui.
Così,
per sicurezza.
Sarebbe
stato sciocco sbagliare ancora.
Magari
per aver ascoltato male una sera ciò che diceva.
Solo
che un giorno al bar lui non arrivò.
Pensammo
ad un'indisposizione.
O
magari ad un'infatuazione improvvisa.
Giocammo
a carte.
All'inizio.
Poi
ci preoccupammo.
Ammalato
o innamorato, avrebbe dovuto dare sue notizie.
Andammo
a casa sua.
Era
buia.
Suonammo.
Non
c'era.
Chiedemmo.
Ad
ogni vicino.
Nessuno
sapeva niente.
Soffiava
un vento tremendo quella notte.
Non
poteva essere in mare.
Non
poteva andarsene così.
Scomparire.
Non
era giusto.
Illuderci.
E
poi all'improvviso fuggire.
Senza
mai più ritornare.
Sul
serio, stavolta.
Forse.
Allora
pensammo ad uno scherzo.
Uno
dei tanti.
Chissà
come ci avrebbe presi in giro.
Al
suo ritorno.
Certamente
era solo un breve viaggio.
Breve.
Ci
mettemmo ad attendere.
Non
potevamo far altro.
Ma
avevamo fretta.
Una
furia dannata.
Chi
eravamo infatti.
Noi.
Senza
i suoi ricordi.
E
con tutte queste stagioni.
Ancora da trascorrere.