Son
tempi strani quelli delle vacanze estive dalla scuola, vuoi perché passiamo
troppi mesi l'anno in luoghi dai quali potremmo essere troppo influenzati, vuoi
perché sono abitudini che durano troppo a lungo, persino dopo aver finito la
terza media, negli anni in cui cominciano gli amori, ed allora son davvero guai.
Nicola
trascorreva le vacanze con Anna nel solito appartamento del condominio rosa dove
un tempo aveva abitato lo zio Ermete. Anche i nonni abitavano ancora lì, sempre
al piano di sotto, ma visto che c'era un appartamento libero preferivano che
Anna stesse lì, così c'era anche l'occasione di far prendere un po' d'aria
alle stanze. Era ancora tutto come lo aveva lasciato lo zio, i folli progetti,
le pizze cinematografiche, le foto, i libri, l'armadio sempre pieno di abiti
quasi perennemente sotto naftalina perché Mario non aveva la stessa taglia e
poi anche se l'avessi avuta, non gli avrei indossati mai.
Fu
così che Ermete continuò quasi a vivere non solo nelle menti di quelli che
l'avevano amato ma con una presenza quasi fisica distillata estate dopo estate
dagli oggetti che aveva posseduto e che ad Anna facevano venire un po' di
malinconia mentre il bambino, perlomeno da piccolo, parve sempre poco
interessato all'essenza di tutto questo, ma non era così, o perlomeno non lo
sarebbe stato certo per sempre.
Campiglia
Marittima, intesa come struttura vivente di uomini e di donne, non prestò in
generale molta attenzione a questi ritorni, solo alcuni iniziarono un po' a
preoccuparsi immaginando di notare delle lievi tracce di Ermete nel piccolo
Nicola. Ma sarebbe stata una preoccupazione destinata a non avverarsi, e non
perché in fondo qualche somiglianza caratteriale non ci fosse davvero stata, ma
soltanto perché Nicola i suoi destini li avrebbe impegnati altrove, alcuni su
un'isola vicina, altri invece enormemente lontano dalla Val di Cornia, quella
valle che alle volte guardando in giù di sera sembra proprio non ci sia
davvero.
Quell'anno
arrivarono al paese ai primi di luglio, un po' in ritardo rispetto alla fine
della scuola, ma avevano perso tempo perché prima c'erano le elezioni ed Anna
non se le sarebbe perse per niente al mondo, e poi come al solito c'era voluto
qualche giorno per farla riprendere dalla depressione che sempre la colpiva dopo
l'esito, nonostante tutti i suoi vani tentativi matematici ai quali affidava la
possibilità di improbabili vittorie.
Arrivarono
su di una corriera blu rigata di bianco e dalle linee rotondeggianti in un
pomeriggio qualunque che sapeva di grano e di zanzare, con lei in gonna bianca a
pieghe e camicetta azzurra e suo figlio con i lunghi capelli sudati appiccicati
alla fronte.
Arrivarono
che era un giorno di festa ed i banchi colorati della fiera sembrava proprio
aspettassero loro.
I
nonni ad attenderli, le valigie, la cena, un saluto agli amici ed ecco che
ancora una volta era cominciata davvero l'estate, ma stavolta non una delle
tante, e forse purtroppo.
Nicola
dormiva nella camera che era stata di quello zio mai incontrato e che pure per
tutto il tempo della sua vita era
stato enormemente ingombrante a causa del fulgido ricordo che era riuscito a
lasciare nella mente di sua madre. non era davvero poco, pensava il ragazzo,
essere riuscito a renderla talmente felice da non farglielo più scordare. Chissà
se anch'io riuscirò mai a fare altrettanto con qualcuno, se ne sarò capace.
Ermete in questo modo riusciva a vivere anche nel figlio della sua adorata Anna
e chissà se allora ebbe mai il tempo di poterlo immaginare, sicuramente gli
sarebbe piaciuto un sacco. Il suo ricordo riuscì poi ad essere vivo in Nicola
anche per merito di quella adorabile camera da notti di luglio che agli occhi
del bambino prima e del ragazzo poi era estremamente affascinante, sempre densa
di innumerevoli sorprese che pareva si adattassero al tempo della sua vita.
Infatti, se il piccolo era incantato prima dalla stupenda collezione di palle di
vetro con dentro la neve e poi dalla pellicola dei film intorno alla quale si
avvolgeva adorandone le immagini traslucide che così tanto assomigliavano ai
suoi sogni, il ragazzo si trovò di un colpo davanti alle lettere d'amore che
donne sicuramente bellissime avevano scritto allo zio da ogni parte d'Europa.
Non sempre è vero era facile decifrarle, alle volte era la lingua ad essere
ostile, altre la scrittura, ma di una cosa Nicola fu certo da allora in poi, e
cioè che ricevere quei pezzetti di carta dalla scrittura minuta oppure
sfacciata fosse una delle cose più belle dell'esistenza. Ma non essendoci fra
quelle lettere nessuna scritta dallo zio, e del resto come poteva essere,
Nicola fu tratto in inganno. Non pensò cioè allora che l'amore bisogna
guadagnarselo e, anche se non sempre, spesso deve essere reciproco. Non gli
venne in mente insomma che anche lui di lettere ne avrebbe scritte infinite e
che in fondo alle volte non provocano gioia ma un senso indefinibile di
tristezza. Ma del resto allora tutto questo non importava, interessava soltanto
perdersi nelle lontane emozioni di persone mai conosciute, cercando di capire i
loro stati d'animo e cercando di emularli nella sua realtà di quell'estate del
1972, quando iniziò quasi distrattamente a bramare di conoscere il modo di
scrivere di ogni sua amica, pensando così di capire come potessero essere le
loro anime, illudendosi allora come in seguito di riuscirci.
Nei
suoi giorni svanì allora come d'improvviso la bellezza di incontrare di nuovo
gli amici e subentrò l'ansia di piacere a quella parte della compagnia che
portava capelli adornati con fiocchi impensabili per un maschio. Poi, come se
tutto questo non bastasse, arrivò subito dopo l'amara constatazione che la
bellezza non è impressione personale e che quindi una ragazza carina ai suoi
occhi lo era anche per quelli di altri tanto da causare inevitabili competizioni
che forse furono l'aspetto che più lo stordì, che lo costrinse cioè a capire
come l'idilliaco mondo delle giovinezza dove tutti sono uguali era oramai per
sempre terminato. Certo, se avesse potuto immaginare allora dove il tempo lo
avrebbe portato tutto sarebbe stato più facile, avrebbe saputo infatti fin da
subito che tutti quegli occhi e quelle labbra sarebbero semplicemente diventati
ricordi, buoni da addormentarcisi la sera e magari per scrivere libri che loro
non avrebbero mai letto, ma così purtroppo non era e lui dovette combattere
fino all'ultimo bacio la sua battaglia degli anni di mezzo, ignaro che tutto poi
sarebbe cambiato, e certo solo dello sconvolgente tremore che provava nelle
gambe quando solo le incontrava per strada ed avevano sottane a pieghe, capelli
lunghissimi e sempre quell'inconfondibile e adorabile distacco nel rivolgerti la
parola come se fosse sempre per caso.
Così,
il ragazzo passava i suoi giorni di quel tempo caldo da trote esterrefatte in
torrenti di collina tentando di decifrare l'arduo codice dei comportamenti fra
un uomo e una donna. Questo in verità non fu l'unico anno in cui ciò accadde,
numerosi altri sarebbero seguiti, e c'è addirittura chi sostiene che durante
tutto il tempo di questa sua interminabile esperienza non arrivò ad alcuna
interpretazione degna di rilievo. Non gli servirono peraltro a niente neanche le
lettere degli amori dello zio. L'unica cosa che riuscì ad imparare da quei
vecchi fogli ancora leggermente profumati fu la convinzione che le esperienze
non possono mai essere rivissute, neanche dagli stessi protagonisti, ed era
vero, certo che lo era, ma questo contribuì solo ad aggravare lo stato
confusionale in cui si trovava. Se niente si ripete, pensava Nicola, allora com'è
possibile imparare? Come posso costruire il complesso meccanismo di gesti e
parole che mi porterà a baciarle se ognuna di loro è diversa, se i tempi
mutano, le mode anche, se insomma tutto è così labile da sfiorare
l'inesistenza?
Di
queste sue riflessioni spesso si trovava a discutere con gli amici. Neanche loro
in realtà sembrava avessero certezze più consolidate delle sue, solo che erano
convinti che anche le ragazze fossero nella loro stessa situazione. Così non
era, certo, essendo le donne fin da piccole delle maghe, ma questo serviva ad
alcuni a non sentirsi intimoriti della loro presenza, a credersi uguali e
conseguentemente riuscire persino in occasioni estreme a toccar loro il seno.
Per Nicola invece non era così, continuava a crederle enormemente superiori a sé,
e così questo, mentre impegnava scambi intellettuali estremamente proficui,
impediva però quella fusione estrema di labbra di gambe e di braccia che lui da
allora e per sempre agognò così tanto e così follemente idealizzò da
portarlo poi alle volte, anche da adulto, ad amarle quasi fosse per caso,
incredulo che ciò potesse accadere e sicuro ogni volta che certamente non
sarebbe più potuto succedere di nuovo.
Luglio
intanto, nonostante tutto, continuava a vivere, Anna non si accorgeva
assolutamente delle passioni che sconvolgevano suo figlio, i fichi d'india di là
dal mare maturavano e, in tutta verità, non c'era proprio da stupirsi di
niente. O forse solo del fatto,
trascurabile coincidenza certo, che
fu proprio quel luogo d'amori estivi a fargli incontrare, anni dopo, lei.
Faceva
molto caldo quella sera. Le chiome dei lecci come al solito erano immobili ma a
loro del resto non c'era da far caso, lo erano sempre anche quando arrivava
l'autunno e non si avverava mai il desiderio che perdessero le foglie. Dalla
finestra di casa si potevano sentire le grida del venditore di palloncini e
torroni seduto sul muricciolo pochi metri prima della porta d'ingresso che dava
ad ovest e chissà come avrebbe fatto a convincere qualcuno ad uscire a
quell'ora inoltrata di pomeriggio torrido e senz'altro motivo di esistere se non
quello che ancora una volta era arrivato luglio con le sue lampadine da fiera e
le scarpe nuove strette e lucide, facili da scivolarci ed impossibile che
lui le noti non perché sian brutte ma perché lui non c'era ed a dir la verità
sul serio ancora non c'era mai stato, ad ingrassar le sere unte di sale senza
che niente al mondo desse un segnale che qualcosa stava cambiando, i soliti
corvi a pettinare il grano sulle linee basse e curve delle colline dove al di là
era impossibile immaginare che qualcosa potesse esistere, l'eterno ed inutile
pensare ai giorni che sarebbero arrivati anche se era certo che l'avrebbero
fatto, lasciando solo vaghi ricordi di lampadine colorate di un tempo che forse
non era quello giusto, eri troppo giovane amore, ma che non ti saresti potuta
scordare perché niente mai cambia e l'assoluta insensatezza di quei giorni
d'afa non era e non è nient'altro che la vita.
Nicola
lo conoscesti quasi di sfuggita è vero, ma senz'ombra di dubbio subito lo
amasti, come si ama quasi per scherzo chi già sai che se ne andrà, come si può
amare soltanto nel 1974 in un paese della Maremma centrale, sapendo con
desolante sicurezza che una camicia verde ed un passo oscillante come il suo
proprio non ci sarebbe stato il verso di incontrarli più.
Ma
intanto arrivarono le otto di sera e l'aria e la vita quasi come per magìa
ritornarono a baciarti i capelli affacciata lungo la linea puntuta degli
orizzonti di cipressi e non ne potevi più di osservarli sapendo già allora che
di lì a vent'anni sarebbero diventati solo soggetti per cartoline d'autore da
vendersi nei negozi della piazza e da stampare come sfondo di calendari bianchi
di banca per illudere qualcuno che cambiando obiettivi e fotografi il mondo
sarebbe divenuto più bello, meritevole di attenzione ideale e cromatica e senza
più il rischio di sbagliarsi neanche un po' perché la perfezione sarebbe stata
codificata e non più soggetta a sbalzi d'umore giovanili quando in fin dei
conti l'unica cosa che importi è che lui sia puntuale.
Cenò
in un baleno e andò ad attenderlo seduta sul muretto proprio accanto al
venditore di palloncini che proprio in quei minuti stava iniziando sul serio a
lavorare e così non ebbe modo di guardarle le cosce splendidamente accavallate,
cosa che invece Nicola fece subito non appena la scorse da lontano. Sì,
Alessandra poteva essere definita senz'altro una bella ragazza, ma per la verità
lui non avrebbe saputo rispondere con assoluta certezza ad un quesito del
genere, probabilmente perché a sedici anni son tutte belle, senz'altro a causa
del fatto che da allora in poi si innamorò di ogni donna che conobbe.
Così
entrambi furono per l'altro il primo amore. E' una coincidenza più frequente di
quanto si possa immaginare così a prima vista, vuoi perché in fondo le età
anagrafiche sono uguali e nessuno si scandalizza più di tanto dei brufoli sul
volto dell'altro, oppure c'entra il fatto che le affinità son più facili da
riconoscersi in quell'età di mezzo di zanzare fiacche che non da adulti, o
magari forse c'entra solo il caso, l'ineffabile destino che fa si che quando
dieci amici e dieci amiche si incontrano a quell'età nascono quasi subito
altrettante coppie. Fu un amore che però durò appena il tempo di far maturare
i cocomeri e loro così quasi neanche se ne accorsero, in un tempo in cui un
anno pare passare in un giorno, quei pochi mesi furono soltanto vapori di acque
sulfuree ed imprecisi ricordi di nomi e labbra senza segni di rossetto.
Ma
quella sera in fondo non era nient'altro che una sera, non restava quindi altro
che abbracciarsi ed avviarsi insieme verso le luci di una notte fioca che
avrebbe certo potuto esser poi dimenticata, ma in fondo a nessuno dei due questo
particolare importava.
Quando
arrivarono al bar della piazza ancora non era arrivato nessuno e così si misero
a fare qualche partita al flipper. Alessandra era un vero disastro come
giocatrice, ma del resto lui non poteva fingere e così farla vincere perché
non l'avrebbe fatto per nessuno al mondo, né allora né mai, lungo tutto il
percorso degli infiniti anni lontani da qui.
Nicola
non dimenticò mai quelle partite d'amore in ogni luogo e vita che attraversò,
lungo i percorsi claudicanti delle pianure impossibili di orizzonti di là dal
mondo, nei deserti ombreggiati dallo scintillio di pietre pazze nel sud
dell'Africa, nelle calde sere di un'isola galleggiante in un brodo di mare fra
la Toscana e il mondo, sulle rive bislacche di carnevale dove l'altra Rio viveva
i suoi giorni spensierati e crudeli, nell'ombra
di parlatori da griglie di carcere dove nessuno viene ma non importa perché qui
ho il mio amore.
Ma quelle partite non furono dimenticate, purtroppo, neanche
in numerosi altri luoghi e tempi, in ambulatori dispersi sull'altopiano alla
ricerca di un'altra impossibile Gabriela, in bar disperati per sempre davanti ad
un penitenziario sospeso tra la terra e il cielo, su isole col terrore di
tradirla ogni volta che iniziavano ad attraccare i traghetti di Pasqua, in celle dove Cuba era solo un ricordo
neanche tanto struggente, in ristoranti con intorno la notte della foresta
lontana e l'ansietà delle mandrie sbuffanti come sempre e per sempre sarebbe
accaduto prima del temporale, loro sì per fortuna ignare finalmente dei
punteggi di sciocche gare di gioventù che è bella sì ma perché ce li
narrasti così spesso, padre, perché volesti per forza che avessimo ricordi così
nitidi ed imbarazzanti che forse era meglio per tutti noi che tu, fin
dall'inizio, fossi semplicemente partito e ci avessi lasciati soli con mamma ad
ascoltare solo i suoi sogni mentre crescevamo e così, probabilmente, riuscendo
persino a rimanere che è in fondo solo quello che avremmo desiderato.
Ma
siamo negli anni settanta ed Alessandra semplicemente lo guardava giocare.
Certo, probabilmente pensò se lui avesse anche potuto esser migliore, forse
dietro a quei lineamenti ancora un po' da bambina si insinuò il sospetto delle
infinite malinconie e delle enormi distrazioni che albergavano in quel ragazzo
al quale stava crescendo la prima barba, ma niente di tutto questo a sedicianni
può inibire l'unica voglia che lei aveva e che era quella di abbracciarlo.
Eppure
anche settembre poi se ne andò.
Gli
occhi di Alessandra, nell'infinita confusione del tempo, non l'avrebbero più
riconosciuto perché abituati a specchiarsi in altri che almeno sarebbero
invecchiati con lei. No, non sarebbe potuta finire in un altro modo, quel povero
paese di collina era del tutto impotente a fermare il suo destino e così a
Campiglia, assieme alle foglie gialle dei mesi in arrivo, non sarebbe rimasto di
Nicola che un piccolo ricordo abbandonato, la sciocca ed inutile traccia di un
amore disperso.
Finisce
qui la storia di Nicola e della sua infanzia, indimenticabile per lui ma non
certo per noi, qui, in questi giorni d'ottobre e di vento con i telefilm di
Perry Mason su Raitre, pensando che in fondo è sempre troppo presto per andare
a dormire ma che lei, in tutta sincerità, l'avremmo davvero conosciuta
volentieri.